Aspetti di diritto internazionale privato nelle vendite online e nella vendita di pacchetti turistici

L’implementazione di incentivi alle attività imprenditoriali, tra le quali quelle a sfondo turistico e culturale, impone l’urgenza di una maggiore conoscenza delle implicazioni del commercio online, nella prospettiva che sempre più privati ed imprese ricorrano a questi strumenti di promozione e vendita al fine di ricercare clienti esteri, senza intermediazioni.

Alla semplicità dell’attivazione dei siti in grado di vendere e di concludere transazioni online, spesso si contrappongono infatti aspetti e problematiche giuridiche non di immediata percezione e nemmeno di facile soluzione : basti pensare – a titolo esemplificativo – alle molteplici questioni relative ai temi della riservatezza delle informazioni personali, della sicurezza delle transazioni telematiche, della garanzia della qualità del prodotto e/o servizio esposto on-line, della corrispondenza tra qualità effettiva e qualità comunicata del servizio.
Tra tali problematiche, una particolare attenzione deve essere prestata a quelle derivanti dal frequente carattere di internazionalità delle vendite online, di cui in questo articolo si tratteranno gli aspetti più ricorrenti e complessi, nel tentativo di offrire una prima guida orientativa – sia pur necessariamente sintetica – per la loro gestione.
Dall’utilizzo di uno strumento globale quale è Internet per le transazioni commerciali online discende che il contesto in cui tali rapporti si sviluppano coinvolga – sempre più spesso – l’estero.
Chi vende online, dunque, – con la sua offerta commerciale online, che a tutti gli effetti integra una proposta contrattuale – maneggia uno strumento estremamente delicato, se solo si considera che l’ambito globale ed internazionale è caratterizzato dalla diversità non solo culturale, ma anche e soprattutto di sistemi giuridici, norme e consuetudini : con il conseguente rischio che termini di uso comune possano assumere significati diversi da quelli normalmente attribuiti nel paese di origine.

Ben si comprende quindi come la formulazione della proposta contrattuale online – interessando potenziali compratori delle rete situati in Stati diversi da quelli del venditore – richieda un attento esame, nonché una competenza specifica, che consenta di definire le clausole contrattuali da adottare tenendo conto dei diversi contesti in cui potrebbero operare.

A tal fine, la mera verifica di ottemperanza delle proposte commerciali online rispetto alle norme del commercio elettronico nazionali e comunitarie (Direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’ 8 giugno 2000 – “Direttiva sul commercio elettronico” e D.lgs. 9 luglio 2003, n. 70, che ne disciplina il recepimento, oltre al Codice del Consumo – D.lgs. n. 206 del 2005, in particolare gli artt. dal 45 al 58 e dal 64 al 67- oltre al D.lgs. 9 luglio 2003, n. 70) potrebbe infatti non essere sufficiente, in quanto l’elemento di internazionalità della vendita online, pur non incidendo sull’aspetto autorizzativo – posto che per l’attività commerciale online non sono richieste autorizzazioni diverse da quelle dei negozi fisici, né concessi benefici maggiori – determina difficoltà specifiche derivanti dall’incontro di diversi ordinamenti giuridici, che occorre saper gestire.

La presentazione online del servizio offerto comporta necessariamente una scelta di mercato, più o meno palese, al fine di intercettare specifici consumatori. Per esempio, l’interessamento di un potenziale compratore straniero potrà essere determinato dall’utilizzo della sua lingua, invece dell’inglese commerciale internazionale, o dall’indicazione di numeri telefonici locali a cui rivolgersi, o ancora, dall’adozione di uno stile o di un gusto maggiormente aderenti alla sua cultura di appartenenza.

Ebbene, queste scelte oggi – in base alla più recente giurisprudenza – possono avere ricadute in tema di legge applicabile al contratto e di foro competente, con soluzioni anche imprevedibili quando si debba ricorrere a terzi per l’interpretazione del contratto o per definire le reciproche obbligazioni. Ci si chiede quindi se una proposta commerciale online – pur essendo accessibile a livello globale – possa essere limitata ad uno specifico ambito territoriale – al fine di evitare coinvolgimenti internazionali che vadano oltre il progetto commerciale originario e gli investimenti previsti.

Quanto alla forma, trattandosi di contratti online, le offerte commerciali si baseranno necessariamente su un modello prestabilito dal venditore, nel quale dovranno essere esplicitati i contenuti legali del contratto, con particolare attenzione – per quanto possa sembrare banale – alla redazione delle clausole contrattuali proposte, dal momento che spesso, purtroppo, l’ inadeguatezza della tecnica di redazione comporta l’ inefficacia e/o invalidità delle clausole stesse.

Sarà inoltre opportuno che l’offerta online contenga la chiara indicazione della legge applicabile, nonché del foro competente prescelti, che ovviamente saranno quelli meglio conosciuti dal venditore: se quest’ultimo è italiano, si tratterà quindi della legge italiana e del foro corrispondente al luogo ove l’azienda ha sede.

La scelta operata in tema di legge e giurisdizione applicabile ha, comunque, dei limiti:

– il primo limite è costituito dalle c.d. “norme imperative o di applicazione necessaria” (es. norme di ordine pubblico, leggi tributarie, regolamentazioni amministrative non disponibili dalle parti, ecc.), che secondo la legislazione di un determinato paese devono trovare applicazione anche se il contratto è sottoposto ad una legge straniera;

– il secondo limite alla libera scelta delle parti è rappresentato dalle norme inderogabili proprie della legge di quel paese al quale si riferiscano tutti gli “altri” dati del contratto (es. luogo dell’adempimento dell’obbligazione, della consegna del bene, dove viene effettuato il pagamento dei corrispettivi, ecc.).

– il terzo limite è dato dall’eventuale applicazione delle norme in favore del consumatore.

Nel caso della promozione di vendite via internet nel solo ambito professionale (cd. B2B), specie se rivolta ad alcuni determinati paesi esteri, si ritiene opportuna una verifica preventiva dell’esistenza o meno di norme imperative locali o di altre norme che possano portare a deroghe indesiderate, ma obbligatorie, nonostante l’esplicita scelta operata per la legge ed il foro italiano, come ad esempio proprio quelle in tema di giurisdizione.

Qualora invece l’operatore online italiano preferisca non operare alcuna scelta per una specifica legge o foro, soccorreranno le norme del diritto comunitario o del diritto internazionale privato.

In particolare, per il caso di transazioni comunitarie si applicherà il Regolamento denominato Roma 1 (Reg. CE 593/2008), il quale prevede che, in assenza di scelta della legge applicabile, sarà applicata la legge del Paese ove il fornitore di beni e/o servizi ha sede e quindi, salvo l’esame specifico del caso, si può affermare che in linea di massima nell’ambito di vendite online nel settore professionale, varranno le norme italiane.

Per il caso di vendita rivolta a paesi extra comunitari, in base agli art. 2 e 13 della legge 31 maggio 1995, n. 218 (“Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato”) si potrà applicare la Convenzione di Vienna dell’11 aprile 1980, qualora le parti siano residenti in paesi che hanno ratificato detta Convenzione o quando la legge applicabile al contratto (in forza della normativa di diritto internazionale privato del giudice adito) sia quella di un paese (come ad esempio l’Italia) che ha ratificato detta convenzione, sempre che non esistano trattati bilaterali che portino a diversi risultati. La Convenzione opera come una fonte normativa a sé stante, che quindi si sovrappone alla disciplina nazionale. Tuttavia, spesso si è dimostrata una disciplina non precisa e completa, sì da non normare ogni aspetto.

L’ambito internazionale B2C

Nel diverso caso di vendita online di prodotti e/o servizi diretti ai consumatori (cd B2C), si applicano invece le specifiche norme del settore consumeristico.

Il principio del Paese d’origine – valido per le transazioni comunitarie professionali – è destinato quindi, in questo settore, a cedere il passo alla tutela del consumatore, che porta all’applicazione del diritto dello Stato del domicilio del consumatore. Questo in quanto si presume che il consumatore – a differenza della parte professionale, la quale dispone di competenze e mezzi per dotarsi di tali nozioni – non abbia gli strumenti per conoscere adeguatamente le norme estere. In altre parole, si presume che il consumatore conosca solo la normativa di casa propria e si aspetti quindi di godere del medesimo tipo di tutela che riceve nel proprio paese.

Detto principio trova, tuttavia, dei limiti.

Il primo è dato dalla esplicita pattuizione del foro del venditore. Tuttavia è bene tener presente che – qualora l’ordinamento giuridico del consumatore estero statuisca inderogabilmente il diritto all’elezione del foro in base al domicilio di quest’ultimo – anche nel caso di stipula di un contratto con una clausola indicante un foro diverso ( quale, ad esempio, quello del venditore) il consumatore potrà sempre adire il proprio foro ( in ragione del fatto che le norme qualificate come inderogabili dall’ordinamento del consumatore, restano come tali a prescindere dalle scelte operate nel contratto): si avrà pertanto un contratto disciplinato dalla normativa italiana, ma sottoposto alla giurisdizione del foro del consumatore estero.

Gli altri limiti applicabili, in caso di mancata scelta, sono quelli dell’art. 6 paragrafo 1 del Regolamento Roma I, il quale prevede che si applichi la legge del paese ove il consumatore ha la residenza abituale, a condizione che il professionista:

a) svolga le sue attività commerciali o professionali nel paese in cui il consumatore ha la residenza abituale;

b) diriga tali attività, con qualsiasi mezzo, verso tale paese o vari paesi tra cui quest’ultimo;

c) il contratto rientri nell’ambito di dette attività.

Ne segue che si dovrà prestare particolare attenzione a come l’offerta commerciale viene formulata, in quanto ogni indicazione utile a documentare l’indirizzo di una proposta commerciale verso uno specifico mercato di consumatori, comporterà l’applicazione della legge consumeristica di quel paese : primo indice di tale indirizzo sarà sicuramente l’uso della specifica lingua del consumatore estero – sempre che diversa dall’ inglese – nonché l’attività promozionale dedicata appositamente.

Le modalità di come viene prestata attenzione a specifici mercati esteri è, del resto valutata sempre più in favore del consumatore, alla luce degli ultimi orientamenti assunti in materia dalla Corte di Giustizia Europea, che hanno rafforzato il diritto del consumatore ad adire il proprio giudice naturale.

Con una recente decisione, infatti, la Corte di Giustizia – superando il principio della necessaria preliminare dimostrazione da parte del consumatore circa il nesso di causalità tra sito Internet ed avvenuta conclusione del contratto – ha affermato che il consumatore ( in quel caso un tedesco) poteva convenire la controparte professionista ( una ditta francese) nel proprio foro tedesco, senza dover preliminarmente dimostrare il collegamento tra il sito Internet e l’acquisto, avendo la Corte ritenuto che tale nesso possa essere liberamente valutato dal giudice per appurare se l’attività commerciale del professionista sia diretta o meno allo Stato in cui è domiciliato il consumatore.

Più specificamente la Corte, rilevato che nel sito Internet della ditta francese era riportato – oltre ai numeri di telefono francesi – anche un numero tedesco, ha ravvisato in tale circostanza un elemento sufficiente a far ritenere che l’ attività commerciale del professionista fosse rivolta altresì al territorio tedesco, apparendo l’indicazione di un recapito telefonico tedesco finalizzato a facilitare l’assistenza a consumatori ivi domiciliati.

Da qui, la possibilità di adire il giudice nazionale, mentre in precedenza era prevista tale facoltà solo in presenza di tangibili elementi di territorialità nel paese del consumatore ( quando ad esempio “la controparte del consumatore possieda una succursale, un’agenzia o qualsiasi altra sede d’attività in uno Stato membro, essa è considerata, per le controversie relative al loro esercizio, come avente domicilio nel territorio di quest’ultimo Stato” – Corte di Giustizia del 17 ottobre 2013 (causa C-218/12 – Emrek contro Sabranovic).

Insomma, prima di questa sentenza, la domanda del consumatore avanti al proprio giudice aveva diritto di ammissibilità solo dopo la dimostrazione di un nesso tra la promozione commerciale ed il proprio mercato, ora tale pre-requisito risulta affievolito dalla mera evidenza nella proposta commerciale online di segni inequivocabili capaci di creare connessioni tra paesi diversi.

Ove infine nessuna scelta sia operata e non sia applicabile il paragrafo 1° Reg. CE 593/09, in quanto, in effetti, non vi è alcuna attività commerciale destinata ad uno specifico mercato nazionale, la legge applicabile potrà essere individuata secondo le medesime modalità delle attività B2B, con prevalenza quindi della legge del venditore.

Un caso a parte è previsto per quei servizi destinati a consumatori e la cui esecuzione avviene esclusivamente in un paese diverso da quello in cui il consumatore risiede abitualmente. (art. 6 paragrafo 4 lett. a) Reg. CE 593/08).

E’ il caso della vendita online di pacchetti turistici legati al paese del venditore o comunque forniti a consumatori residenti in paesi diversi rispetto a quelli ove i servizi medesimi sono forniti.

La norma esclude ogni complicanza sia in merito alla legge applicabile, così come esclude l’applicabilità del foro del consumatore, anche se – in linea con il disegno comunitario – potrebbe riaprirsi il dibattito sulla legge applicabile ed il foro competente nel caso in cui il luogo di esecuzione dei servizi offerti sia in paese diverso da quello della sede del venditore : come, ad esempio, per l’offerta di viaggi turistici in Italia da parte di venditore, la cui sede sia in altro paese comunitario (Inghilterra) ed il contratto sia concluso con consumatore residente in altro differente paese (Germania), a cui si sia direttamente rivolto.

La legge applicabile, in assenza di specifica scelta, potrà essere quella inglese in base ai principi del B2B o quella italiana, in ragione dell’ art. 4 paragrafo 3 o 4 Reg. CE 593/08:

“3. Se dal complesso delle circostanze del caso risulta chiaramente che il contratto presenta collegamenti manifestamente più stretti con un paese diverso da quello indicato ai paragrafi 1 o 2, si applica la legge di tale diverso paese.

4. Se la legge applicabile non può essere determinata a norma dei paragrafi 1 o 2, il contratto è disciplinato dalla legge del paese con il quale presenta il collegamento più stretto.”

In conclusione – stante le ripercussioni che possono derivarne sia in ordine alla legge applicabile che al foro competente – la predisposizione delle clausole contrattuali, così come delle offerte commerciali online, necessita di una ponderata ed attenta valutazione. Ciò al fine di evitare il duplice rischio di essere assoggettati ad un ordinamento giudiziario che non si conosce – specie in considerazione della complessità degli obblighi informativi a carico del fornitore online di beni e/o servizi, facilmente diversamente interpretabili oltre frontiera – nonché di essere convenuti avanti al foro del consumatore estero.

Milano, lì 26.9.2014

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